
Con grande sorpresa e piacere, ho ricevuto ieri dal nostro amico Augusto il seguito del suo racconto, quello che ha dato origine al post certamente più bello e struggente, nonchè il più commentato e dibattuto in un anno e mezzo di blog dei brutti.
Non aspettatevi un lieto fine, purtroppo. Ma quando mai nella vita reale esiste il lieto fine?
Per comodità, ma anche per chi non l'ha ancora letto, vi rimando al racconto orginario, datato 3 febbraio 2008. Poesia pura e sofferenza interiore. E' importante apprendere l'antefatto prima di conoscerne l'epilogo. Vale la pena di leggerlo ancora e di rifletterci su.
"Ci sono lame che penetrano senza far rumore e tormenti che nemmeno questa nebbia ovattata e gentile può rendere silenti.
Da quella mattina alla stazione non la rividi più. Fino a domenica. Inaspettata, come una fitta in pieno petto a togliermi il respiro sostituendolo con un senso di vertigine e stordimento. Passeggiavo da solo in un bel boschetto di castagni vicino a casa mia, dove mi piace restare per ore con la mia compagna solitudine, quando sentii dapprima la sua voce in lontananza, incancellabile, con un timbro così allegro e divertito. Non potevo e non volevo credere potesse essere davvero lei.
Invece...
Non era sola. Era abbracciata ad un ragazzo, bello, alto, con 2 grandi occhi verdi e un sorriso perfetto.
Io me ne stavo li, facendo finta di niente intento a raccogliere castagne, come un povero vecchio malandato, pregando che non si accorgesse della mia presenza. Avrei voluto sparire o trasformarmi in foglia cadente in quell’istante stesso.
Invece venne a salutarmi presentandomi Fabio, un collega di lavoro conosciuto a Roma, diventato poi il suo ragazzo.
Non mi fece una cattiva impressione nelle poche battute che scambiammo. E’ di Varese anche lui... tu guarda alle volte il Destino...
Lei aveva gli occhi luminosi come non li vedevo da tanto, e questo mi bastava per far sparire d’incanto la mia voglia di piangere.
Scherzai anch’io con loro, qualche frase di circostanza, un “come stai?” a cui rispondo sempre di malavoglia e in modo evasivo. Mi invitarono a prendere una cioccolata calda con loro, ma preferii farmi da parte ringraziando per il pensiero. Non era proprio il caso. Strinsi la mano a Fabio e diedi un bacino a Lei, salutandola.
Li vidi andare via tenendosi per mano, pensando che avrei potuto sopportare quel dolore ogni giorno, se avessi avuto la certezza di saperla felice per sempre.
Così pensando continuai, impietrito, a raccogliere castagne perdendo il senso del tempo, fino a che l’oscurità e la nebbia non arrivarono a darmi conforto e sollievo."
Augusto F. - Saronno (VA)