
In questa serata di maggio inoltrato, che fa da preludio ad un’estate speriamo non troppo torrida, mi osservo allo specchio e inizio a parlare con me stesso. Mi capita sovente, essendo una delle poche persone di cui sopporto la compagnia.
E poi mi aiuta molto, è l’unica occasione che ho di favellare con qualcuno brutto almeno quanto me.
Stasera in particolare mi vedo più ripugnante del solito: Barba pungente e incolta di una settimana, da perfetto guerrigliero Afghano di etnia Pashtun; capelli arruffati, unti e traboccanti di poltiglia forforosa; alito disboscante, in virtù di una doppia bruschetta all’aglio appena divorata per cena; ascella batteriologica, derivante da 5 giorni di sudore, malanni e mancanza di una doccia che – da sola – non basterebbe comunque a restituirmi al mondo civile (se mai sia quello il mio mondo). Questo è solo il "di più" rispetto ad uno standard già notevolmente deficitario.
Noi brutti abbiamo questo grande vantaggio sui belli. Loro devono essere sempre perfettini, anche quando sono in casa a grattarsi le palle, il loro grattarsi lo devono fare comunque nel rispetto della loro bella faccina, con i capelli in ordine, ben profumati, ben vestiti, la barba sempre impeccabile (anche le donne), il sorriso splendente. Noi brutti non dobbiamo portare rispetto a nulla, come la natura non l’ha avuto con noi.
Pertanto, io ergo il mio disgusto a vessillo e lo sbatto in faccia alla gente, nutrendomi del loro disprezzo e dei loro sguardi di schifo.
Il mio blog è la mia estensione: solo ed incompreso, disilluso e dimenticato, anonimo e dispersivo, folle e lungimirante.
Molte volte avrei voluto liberarmene come molte volte vorrei farlo con me stesso, ma poi torno li a curarlo, come faccio ogni tanto con la mia anima, come in questa sera perfetta.
Io, lui, musica malinconica in sottofondo, e la nostra bruttezza.
C’è chi sostiene che sono bravo a scrivere e che dovrei sfruttare questo presunto "talento". Io mi schernisco e non ci bado, ma forse dovrei iniziare a pensarci sul serio. Anche perché – se la mettiamo sul talento – non so suonare, se escludiamo il clacson della macchina, non so cantare, non so dipingere, in quanto a donne lasciamo perdere e difficilmente credo che supererei il provino per giocare con i professionisti americani del basket.
Per cui, temo, non mi rimane altro che la scrittura per tentare di non essere un pezzente per il resto della vita. Sempre meno improbabile del Superenalotto, dannazione a lui!